12 - La striscia verde
Uno che decide di fare l'imprenditore, è meglio si faccia dare una mano. Uno che decide di fare l'imprenditore senza il becco di un quattrino, deve farsi dare una mano. Scelto il negozio, firmato il contratto d'affitto e ottenute le chiavi, occorreva tinteggiare i muri. Ed è qui che entrò in gioco Alido, mio nonno. Per rendervi conto del personaggio, pensate a Mc Guyver in pensione. Un maestro dell'arrangio e del bricolage. Nonno è in grado di fare tutto, coi suoi tempi. É in possesso di quella che si definisce “prorompente vitalità”. Se Achille da bimbo venne immerso nello Stige, per Alido successe altrettanto ma nel Badedas. Nonostante gli anni avanzino, è una persona attivissima, pieno di impegni e passioni, tanto da far pensare: “Arrivarci io così a quell'età!”. Che poi non è neppure vecchio, ha poco più di settant'anni. In più è un bravo pittore, dipinge splendidi quadri e insegna arte, quindi chi meglio di lui per passare il rullo?
“Nonno, mi daresti una mano a tinteggiare il negozio?”
“Ovvio. Quando devo venire?”
“Bah, inizierei già domani.”
“Perfetto.”
“Secondo te quanto ci mettiamo?”
(Calcolando mentalmente) “Non più di due giorni.”
“Ok ottimo, perché ho i tempi stretti e non volevo impiegarci una settimana.”
“No-no-no tranquillo. Due giorni e finiamo. A che ora devo venire?”
“Per le dieci va bene? Prima vado a comprare il colore.”
“Sarò puntualissimo.”
“Hai tu tutto il necessario?”
“Sì si. Secchi, rulli, eccetera. Porto io.”
“Puntale nonno, mi raccomando.”
“Stai tranquillo.”
Io tranquillo lo ero. Comprai il colore, il panno da sistemare a terra per proteggere il parquet dagli schizzi e raggiunsi il negozio alle nove e mezza. Coprì il pavimento terminando alle dieci e aspettai. Dopo averlo chiamato al cellulare inutilmente un'infinità di volte, fumai l'ennesima sigaretta seduto sull'uscio di quello che diverrà Pascal. Alido si presentò alle 11.15 senza batter ciglio e la benché minima intenzione di scuse.
“Sei un pelino in ritardo.”
“Beh, cosa c'è? Adesso sono arrivato!”
“Bene. Cominciamo?”
“Si. Scarica la macchina che vado a bere il caffè.”
Mentre io tiravo giù l'attrezzatura, Alido doveva aver bevuto un caffè molto lungo, perché si intrattenne al bar sino a mezzogiorno. La tabella di marcia non sarebbe mai stata rispettata.
In situazioni del genere occorre una grande capacità di mediazione. Conoscevo il nonno ed ero perfettamente consapevole dei suoi ritmi. Però era l'unico che, in quel frangente, poteva aiutarmi, per altro a costo quasi zero (quasi, perché spesi una cifra per i suoi spuntini durante le numerosissime pause: brioche al mattino, panino verso le undici, gelatino nel pomeriggio, un paio di caffè quotidiani). Inutile arrabbiarsi. Dovevo accettare i suoi ritmi che, inevitabilmente, sarebbero stati i miei.
Finalmente cominciammo. Ma c'era un rito estremamente importante prima di prendere in mano i pennelli: la vestizione. Per non sporcarsi, Alido si era portato una tuta blu a pezzo unico, tipo quella dei meccanici, e delle vecchie scarpe tutte impiastricciate. Infilò le gambe, tirò su la lampo ma si incastrò all'altezza dell'ombelico. La particolare conformazione fisica del nonno fa sì che abbia gli arti inferiori molto magri ma un bel pancione, ragion per la quale la zip faticava a passare il “punto critico”. Dopo una serie inenarrabile d'imprechi, mentre tirava la cerniera in su balzellando di qua e di la, la chiusura si sollevò sino al collo, ed ecco che avevo come aiutante un Teletubbies.
Chiusi la porta per salvaguardare la sua dignità, nel caso qualcuno avesse spiato dentro. Neppure il tempo di sfilare la chiave dalla serratura che lui era già all'opera mescolando il colore con un bastoncino. Girava, alzava il legnetto per far sgocciolare controllando la fluidità del composto. Poi ordinava: “Altra acqua”. Io versavo sino a che intimava: “Basta”, quindi rimestava nel secchio col bastone.
“Ancora acqua” - “Basta” - alzata di legnetto -“Ancora acqua” - “Basta così” - alzata di legnetto - “Denso. Acqua.” - “Basta” - alzata di legnetto.
“Sicuro? Io la vedo un pelino diluita.”
Guardandomi con pena: “Chi dei due è il pittore?”
“Tu.”
“E allora fatti i fatti tuoi che al resto ci penso io!”
Dopo aver miscelato la vernice con una cisterna d'acqua, Alido sentenziò: “Troppo liquida. Non va bene!”
“Ma come troppo liquida?”
“É... Hai versato tutta quell'acqua! Ovvio che poi sia diluito.”
“MA ME L'HAI DETTO TU!”
“Vai tranquillo. Rimediamo.”
E senza fare una piega, con una calma da far invidia a Siddharta Gautama, iniziò a fischiettare. Aggiungendo vernice da un altro barattolo, girò il coltello nella piaga: “Ah, se non ci fossi io!”
C'era un problema. Sulle pareti era presente una striscia verde in alto che mi sarebbe piaciuto mantenere, eredità degli inquilini precedenti. La grafica aziendale era impostata proprio sulle tonalità del verde e quindi avrebbe calzato a pennello. In più la riga donava un tocco retrò, di classe.
“Come facciamo con la striscia?”
“La copriamo con lo scotch di carta, così possiamo tinteggiare senza sporcarla.”
C'era un altro problema: la scala. Nella frenesia dei preparativi, entrambi ce l'eravamo dimenticata. Ma Alido è un uomo dalle mille risorse: “Prendiamo la scrivania.”
Dopo averla sistemata con precisione millimetrica aderente al muro (e una lentezza da dar fastidio al regionale Verona-Rovigo) il nonno ci balzò sopra con una grazia e un elasticità olimpica. Una mano poggiata alla base, uno slancio repentino e “hop”, perfettamente in piedi sopra il tavolo. Rimasi esterrefatto, chiedendomi se a settantadue anni fosse in possesso di qualche superpotere oppure se avesse trincato una tanica di “Olio cuore”.
“Ma non è che si rovini la striscia con lo scotch?”
“Mavvalà! Non fa niente.”
“Più che altro nonno perché sennò ci impieghiamo una vita a pitturare anche quella. Già ci dovevamo mettere due giorni e siamo in ritardo.”
“Senti Mattia, non ti preoccupare.”
E fu proprio sul “Non ti preoccupare” che invece mi preoccupai.
Infatti, come volevasi dimostrare, dopo aver passato tutte le pareti impiegando circa il doppio del previsto, venne il momento di scartare la striscia verde. E con grande abbattimento, assieme al nastro venne via pure il colore. O meglio, pezzi di colore. La riga non era sparita del tutto, ma presentava buchi ovunque.
La più grande dote di Alido è che non c'è nulla che lo abbatta. I problemi gli scivolano via come anguille unte di strutto. Qualsiasi difficoltà gli si pari davanti non rappresenta mai e poi mai un ostacolo insuperabile.
Oltre al ritardo, nel caso della striscia c'era la questione che quella particolare tonalità di verde era assolutamente irriproducibile. Chiunque, di fronte all'emergenza e ai tempi lunghi, avrebbe scelto di ritingere con una tonalità nuova. Chiunque tranne il nonno.
“E che sarà mai? Mescolo quattro tempere e te lo rifaccio uguale.”
“Nonno, dubito che tu possa farla identica. É un colore industriale.”
“Ho detto che te la rifaccio U-G-U-A-L-E.”
Ertosi a “pantone umano”, Alido consumò i tubetti di tempera di cui disponeva, nel vano tentativo di avvicinarsi a quel verde.
Prima pennellata: “Troppo scuro. Aggiungo del bianco”; seconda pennellata: “Troppo chiaro. Passami il blu”; terza pennellata: “Ma... Metterei del giallo”; quarta pennellata: “Prendimi il nero per favore”.
Alle novantasettesima pennellata, dopo aver colorato la striscia con la maggior parte delle tonalità percepibili dall'occhio umano, Alido disse: “Passami il rosso per favore. Con una punta di rosso dovremo esserci.”
“Nonno, non per dire, ma quello che ti è venuto fuori non è neanche verde. É viola.”
“Appunto. Una goccia di rosso e vedrai che verde meraviglioso, vedrai!”
Quello che vidi fu il commesso del colorificio dopo un'ora.
“Desidera?”
“Del verde. Qualsiasi, basta che sia verde!”