5 - Il lupo
Il disoccupato-in-cerca-di-lavoro è un mestiere a tutti gli effetti. Per uno come me, abituato ad avere le giornate impegnate, starsene senza muovere un dito era decisamente impossibile. E di cose ce n'erano da fare, eccome! Prendete, ad esempio, le fototessere per il curriculum: sarò rimasto dentro il camerino della macchina fotografica in stazione per tre giorni, nel disperato tentativo di non figurare come uno scafista rumeno. All'ennesimo scatto, con la foto in cui parevo dire: “Talio gola, amazo familia” ho riflettuto sul fatto che i miei connotati fossero quelli, che il mondo contemporaneo è globalizzato e che avrei sempre potuto presentare la fedina penale pulita nel caso dubitassero della faccia.
Seguendo l'iter di chi cerca occupazione, sono stato in tutte le agenzie interinali possibili. E ogni volta, gentilmente, mi veniva chiesto: “Allora Mattia, cosa ti piacerebbe fare?”. Quella domanda non potete neppure immaginare quanto m'infastidisse. Perché il concetto da far passare (davvero finto) è che fosse come in un supermercato: scegli pure! Quale professione vuoi? Basta chiedere e ti verrà dato. Avrei voluto rispondere: “Desidererei un posto alle Bahamas come testatore di sdraio da spiaggia. Stipendio base di seimila euro, con rimborso spese per i pasti e il pernottamento. Possibilmente colleghe femmine molto avvenenti. Ferie pagate, malattia pagata, infortunio pagato (non si può mai sapere quali rischi si corrano su una sdraio). Contratto a tempo indeterminato. Ecco, dove posso firmare?”. Invece, solitamente ammettevo: “Qualsiasi cosa.”
Davvero triste. Qualsiasi cosa, intendo. É una situazione comune ai giovani di oggi. Quando sei disposto a tutto pur di portare a casa qualche soldo ti rendi conto che non esiste progettualità, non esiste sogno, non esiste speranza. Sei solo preoccupato di arrivare a fine mese, d'incamerare quel poco denaro sufficiente alle spese urgenti non badando al futuro. Oltretutto c'è un'altra componente rilevante: la vergogna.
Essere disoccupato è una condizione deplorevole, vissuta come fallimento. Il disoccupato è un fallito. Quindi, qualsiasi cosa serve a dire “Ehi, non sono un fallito! Qualcosa faccio, anche si trattasse di tagliare le unghie ai carlini.”
Risultato delle agenzie interinali? Nada de nada.
Allora mi sono presentato direttamente nella aziende, sfidando la maledizione dei candidati, l'equivalente di Cerbero col tailleur: La Segretaria. La Segretaria ha una funzione precisa: rimbalzare i rompipalle. É uno schermo che difende Il Capo perchè Lui, Il Capo, non può essere disturbato per nessuna ragione. Se cerchi lavoro sei inevitabilmente un rompipalle e avrai a che fare con La Segretaria.
“Salve, sono Mattia Tasso”, allungando la mano e ricevendo in cambio una stretta equivalente a quella di Lazzaro pre-miracolo, “Posso lasciare il curriculum?”
“Certamente, lo dia pure a me che poi ci penso io a consegnarlo” con un entusiasmo pari a quello di un marito che porta la moglie al centro commerciale. Poi, il mio bel curriculum vitae (presumo) sarà finito sotto la scrivania, in un anfratto invisibile per i visitatori ma che probabilmente conteneva: fazzoletti da naso usati, chewing gum masticate, graffette aperte, post-it con gli smile e tutti gli altri profili inesorabilmente cestinati. La Segretaria è pagata per eliminare il curriculum, o meglio per evitare noie al superiore. Il che ha un senso: se un'azienda volesse assumere, semplicemente lo annuncerebbe.
Uno che cerca lavoro ha uno strumento potentissimo a disposizione: internet. Il web è una fucina di possibilità. Durante i giorni da disoccupato, oltre ad andare nelle aziende e nelle agenzie interinali, ho trascorso moltissime ore al pc inviando il mio profilo a destra e a manca. Veneto, tutta Italia, addirittura Qatar. Il grande vantaggio della rete è che puoi ottenere numeri alti, spargere la tua candidatura in giro per il mondo con pochi clic. M'importava poco, volevo solamente lavorare, magari aprendomi a qualche nuova esperienza e, cernendo le offerte, sono riuscito a fare tantissimi colloqui. Per capire, però, come internet sia un caravanserraglio di opportunità ma anche di pericoli, vi racconterò di quello che più mi ha sconvolto.
Mi ritrovai nella zona industriale di un paese vicino a Verona. L'indirizzo dell'ufficio corrispondeva a una porta tra l'ingresso di un ristorante cinese (l'odore di fritto era percepibile dalla tangenziale) e lo studio di un professionista che si definiva “sensitivo, chiropratico e filosofo”. Giuro che sarò stato mezz'ora a guardare quella targhetta, immaginando quanto dovesse essere meraviglioso fare un colloquio con lui: “Allora Mattia, dimmi un po', qual'è il tuo metodo per intercettare le presenze dei defunti?”, “Parlami riguardo la filosofia del linguaggio”, “Cortesemente, mostrami come sciogli le contratture muscolari al deltoide”.
Purtroppo la realtà che mi aveva chiamato si occupava di energia, mica di paranormale e spiritualità. All'orario accordato salì al piano, bussai, il titolare aprì lo studio e vidi una camera desolatamente vuota, con una scrivania Ikea, una poltrona rossa Ikea, una poltrona blu Ikea. Tutt'attorno il nulla, con le piastrelle economiche di gres porcellanato bianche a risaltare. Totale spesa ufficio: cinquanta euro, forse.
Totale tristezza ufficio: tendente all'infinito.
Il personaggio sembrava sbucato da un fotoromanzo bulgaro: barba leggermente incolta, abbronzatura leggermente tamarra, orologio mica tanto leggermente pacchiano (infatti il braccio in cui lo teneva mostrava un tricipite da Action-man per via del gran peso del gingillo) , gessato grigio leggermente demodé. Scambiammo quattro chiacchiere, si presentò, mi presentai, mi spiegò la mansione e poi propose il contratto. O meglio, propose un non-contratto che si traduceva in: “Devi aprirti la partita iva”.
(Breve precisazione: questa pratica deprecabile è attualmente molto in auge presso le aziende. Il mio consiglio è di valutare con estrema attenzione. La partita iva ha dei costi altissimi e non fornisce nessuna tutela, oltre al fatto che questo tipo d'inquadramento è al limite di legge. Per comprendere meglio basti pensare che se sei disoccupato non hai stipendio ma neppure debiti, se apri la partita iva, indipendentemente da ciò che incasserai, dovrai allo stato circa cinquemila euro a prescindere. Fate bene i conti).
“Ma l'annuncio recitava possibile assunzione a tempo indeterminato.”
“Infatti, la partita iva dura in eterno. Il libero professionista è libero professionista per sempre!”, come i diamanti.
“Capisco...”
Per convincermi della bontà dell'offerta sciorinò un discorso da far rabbrividire.
“Sentimi Mattia, qua c'è la crisi ed è già tanto avercelo un lavoro. Soldi non ce ne sono per nessuno. Questione di scelte e di sacrificio. Prendi me, ad esempio. Prima avevo il Cayenne, adesso un normalissimo SUV Mercedes, quello che hai visto parcheggiato giù, roba da barboni ma mica mi lamento. Che ci vuoi fare? É la crisi.”
Nel mentre pensavo: “NORMALISSIMO SUV MERCEDES? IO C'HO NA UTILITARIA E MI SONO INDEBITATO L'ANIMA PER COMPRARLA!”
“Case. Prendiamo le case? Prima ne avevo cinque o sei: casa mia con piscina, perché sennò non te la godi, villa al mare, villa in montagna, villa al lago e appartamentino a Miami. Adesso? Venduto tutto tranne l'appartamento, la casa dove sto e la villetta al lago: irrinunciabile! C'è la crisi? Si fan dei tagli.”
Nel mentre pensavo: "TAGLI? SAREBBERO QUESTI I TAGLI? PER FORZA LE HAI VENDUTE, COS'HAI IL DONO DELL'UBIQUITA'? IO MI SENTO BACIATO DALLA FORTUNA AD AVERE UN TETTO SOTTO CUI STARE."
“Vestiti. Guardami, ti sembro uno che vuole dare nell'occhio? Un umile abito da sartoria, ma mica di quelle lussuose è, e un orologino semplice semplice.”
Mentre osservavo il quadrante tempestato di pietre preziose e oro pensavo “EMBÉ, CHI AL MONDO NON HA QUEI SETTE-OTTO ROLEX DA INDOSSARE IN OGNI OCCASIONE?”
“Capisco che la partita iva possa sembrare antipatica ma non è mica quella brutta bestia che dipingono sai?”
“Ah no?” domandai ironico.
E lì non resistetti. Avrei desiderato mandarlo a quel paese appena dopo il discorso del Suv ma decisi di togliermi una soddisfazione.
“Già che siamo sull'argomento chiedevo: con la partita iva ci devo pagare le tasse e i contributi, giusto?”
“Certo!”
“Visto che non verrei assunto con un contratto tradizionale, almeno mi corrisponderete i costi delle imposte?”
“No Mattia, ti verrà girata una provvigione sul venduto (N.B. ridicola). Con quella dovrai arrangiarti a pagare le tasse. Roba tua, da libero professionista!”
“Beh, ovviamente... Per gli spostamenti userei l'automobile personale vero? Non ce n'è una dell'azienda?”
“Esattamente! Usi quella che hai. I miei agenti girano con macchine loro.”
“Beh, ovviamente... E la benzina? Ci sono i rimborsi carburante?”
“No. La macchina è tua. Cosa ne so io che giri fai. Benzina a tuo carico.”
“Beh, ovviamente... E il cellulare? Cellulare personale giusto?”
“Certo. Il telefonino ormai ce l'hanno tutti, sarà mica un problema.”
“Beh, ovviamente... E le chiamate per fissare gli appuntamenti, spesa mia?”
“Vale il discorso dell'auto. Non si rimborsano le telefonate.”
“Beh, ovviamente... Ma se chiamo per lavoro?”
“E se chiami la tua ragazza?”
“Beh, ovviamente... Mettiamo il caso...”
“Di cosa?”
“Mettiamo il caso che mi prenda un'influenza. Viene previsto un contributo per la malattia?”
“Mattia, Mattia...”, con aria compassionevole (come a dire “Ma quanto non capisci niente!”), “Un libero professionista non fa nemmeno certe domande. La malattia è un'ipotesi da mettere in conto. Mica posso essere io a rimetterci se ti ammali. Succede.”
“Beh, ovviamente... Succede. Bello il libero professionista! Allora significa che posso fare gli orari che voglio, non ho obblighi di presenza giusto?”
“Come no?”
“Scusi, un libero professionista è libero per antonomasia. Partita iva mia, tasse mie, telefono mio, spese mie. Deciderò io che orari fare o no?”
“No. Qui ci sono orari da rispettare. Dalle otto a mezzogiorno e dalle quattordici alle diciannove.”
“E che libera professione sarebbe?”
“Se un giorno vuoi stare a casa basta avvisare per tempo e puoi. In una fabbrica ti devi prendere malattia o ferie, qui basta avvisare.”
“Beh, ovviamente... Senza essere pagato però.”
“Senza essere pagato, libero professionista.”
Un secondo di silenzio, poi il titolare con l'espressione del Lupo di Wall Street dei poveri, chiese: “Quindi Mattia, sei dei nostri?”
“Beh, ovviamente... Neanche morto!” e me ne andai senza salutare.
Tornato a casa ho riletto Spinoza, ho studiato l'assetto perfetto della colonna vertebrale e ho tentato di percepire l'aura di mia madre. Poi ho inviato il curriculum al “sensitivo, chiropratico, filosofo”.