6 - Sulla mia pelle (una dermatite)

 

 

 

Quanti chilometri avrò percorso? Moltissimi, fatica contarli. Ho partecipato a colloqui ovunque me ne proponessero, spesso fuori regione, spesso a orari assurdi, spesso con selezionatori simpatici come l'herpes zoster, spesso con promesse contrattuali da far scioperare Aleksej Stachanov.

Ho accettato tutto, mi sono conformato e compromesso a ogni genere di flessibilità pur di riuscire a raccattare un impiego. La maggior parte delle volte è andata male. Nei primi tempi reagivo negativamente ai “le faremo sapere”; con l'esperienza ho imparato ad incassare un rifiuto con la stessa resistenza di Rocky quando si faceva brutalizzare da Apollo Creed. In alcuni casi, invece, è “andata bene” e mi veniva sottoposta un'offerta. Il punto è che non ero più un novellino del mondo del lavoro: avevo acquisito una storia, vissuto particolari e dettagli, subito fregature e tutto ciò concerne la professionalità. Ergo, sapevo difendermi.

Io non conosco bene cosa accade fuori dall'Italia ma questo paese è assai strano. Ci si accorge che nel bel mezzo della crisi, invece di darsi una mano tutti assieme, anzi che cooperare per uscire dallo stallo, si cerca di approfittarne. Una buona fetta delle aziende redigono contratti assurdi, con paghe miserrime, tempi disumani e sicurezze zero. Controllando in internet, il 90% degli annunci di lavoro recita: "Richiesta apertura partita iva". Il restante occorre valutarlo caso per caso. In pratica si preferisce fare a meno d'investire sui dipendenti (o collaboratori), li si spolpa. Trovo sia un'abitudine deprecabile ma soprattutto sciocca: perché non pensare un po' meno all'interesse personale e di più al benessere comune?

Per farvi capire, una delle possibilità che mi era stata paventata prevedeva:

-Orario dalle 8.00 a.m. a quando-si-finisce-ma-non-prima-delle-venti-e-trenta;

-Settimana lavorativa dal lunedì al sabato e la domenica “se c'è bisogno”; 

-Operatività fuori zona e possibilità di trasferta in tutto il territorio nazionale senza rimborso;

-Straordinari non pagati;

-Stipendio di 1.150 € per un anno, con malus in caso di mancato raggiungimento degli obbiettivi di fatturato;

-Quasi totale impossibilità di inquadramento più lungo all'interno dell'azienda, con miglioramento delle prospettive.

Bene, visto che ero disperato ma non sino a questo punto, tutte le belle offerte del genere le ho declinate.

 

Quando ti appare un mondo del lavoro così costruito subentra un atteggiamento deleterio: lo scoramento. Sei scoraggiato perché hai la percezione che di possibilità ce ne siano poche e controproducenti. Cominci a dubitare del panorama professionale, credi di doverti inserire in un universo dove la fregatura sia regola. E ti avvali di spiegazioni trascendentali: la sfiga. Va male perché sono sfigato. Ma non sono certo il tipo che si abbatte facilmente. La sfiga è una componente naturale dell'uomo, basta accettarla.  Ho proseguito con costanza la ricerca di lavoro ma ho anche preso degli spazi. Mi sono dato al volontariato (un'attività che mi ha sempre attratto), alla lettura, ho trascorso dei momenti pure da solo, perché oggi si sta con tanta gente ma poco con sé stessi (e non è mica facile) e ho iniziato davvero a guardarmi attorno. L'ho fatto con curiosità, col piglio di chi desidera capire e non cercare qualcosa soltanto. Dopo aver sbattuto contro i “no”, i “le faremo sapere”, i contratti disumani, insomma dopo aver fatto i conti con dei fallimenti, ho mutato atteggiamento. E ho provato a capire come mai fallissi, come mai fossi sfigato, come mai fossi disoccupato (anche se da poco).

 

La disoccupazione mi ha proiettato in giornate fitte d'impegni: ricerca di lavoro, momenti personali, riflessioni, abbattimenti, speranze e progetti (ancora confusi). Soprattutto mi ha fatto trascorrere molto tempo tra le mura domestiche. E allora, oltre che alla lettura maniacale, mi sono dedicato alle attività che concernono il mantenimento della casa. Lavoretti di bricolage, aiuto alla famiglia nelle impellenze, cura del giardino (poi mio padre, verificando la scadente qualità dell'operato, ha seriamente valutato l'ipotesi di cementificare). Durante quel periodo ho dedotto che la Legge di Murphy non è poi così assurda.

Se qualcosa può andar male, probabilmente andrà male.”

Assioma verificato sulla mia pelle. Nel vero senso della parola.

Quel giorno ero piuttosto malinconico, era il ventidue del mese: senza stipendio, senza soldi sul conto, con la rata della macchina in scadenza, senza l'ombra di sbocco e in più con una dermatosi chiamata “pitiriasi rosea di Gibert” che mi aveva coperto il corpo di macchioline rosse pruriginose.

Ho pensato: “Che sfiga”.

Povero, malato e a pois.

Ripeto, non sono il tipo che si abbatte facilmente, dunque ho mutato l'atteggiamento in ottimista: “Nemmeno un colloquio in vista. Probabilmente quando ne fisserò uno sarò guarito. Cosa durerà la pitiriasi, una settimana? In più le macchie sono ovunque ma non in faccia e sulle mani. Nel caso dovessi presentarmi per un posto di lavoro, camicia lunga abbottonata sino al collo e nessuno si accorgerà di niente!”

Ma ecco che giunse una bella notizia proprio nel momento meno opportuno. Mi arrivò una mail di un'azienda alla quale avevo spedito il curriculum qualche settimana prima. Una realtà seria e affermata, che pagava regolarmente il personale (avevo potuto verificarlo grazie alle testimonianze di conoscenti che vi erano assunti). Fissarono l'appuntamento per il giorno successivo. Come avrei affrontato un colloquio se sembravo la Pimpa? Quale selezionatore avrebbe assunto un uomo che pareva uscito da un lazzaretto? Preoccupato chiamai il medico.

Senta, ho la pitiriasi e domani ho un incontro importante. Mica ci posso andare in 'ste condizioni. C'è qualcosa che posso prendere?”

No.”

E come faccio? Mi gratto come un pazzo davanti al selezionatore?”

Resisti.”

Vabbè. Per quanto dovrò tenermeli i puntini?”

Ah, anche sei mesi.”

ANCHE SEI MESI?”

La pazienza è la virtù dei forti.”

A braccio di ferro mi batte mio nipote di tre anni. Sono tutto fuorché forte.”

Se aspetti magari ci diventi.”

E con questo dialogo consolatorio quanto un rating di Moody's sulla Grecia, ho scelto una bella camicia scura.

 

La legge di Murphy è sempre dietro l'angolo, non c'è limite al peggio. Dopo aver parlato col medico, mia madre voleva che attaccassi la spina del lettore dvd alla televisione.

Mi prestai volentieri!

Ora, è bene spiegare il contesto nel quale ho dovuto operare. La televisione era sistemata su un mobile a parete pieno di scaffalature, cassetti e ante. Dietro a questo, una marea di spine allacciate a un multipla. In quel periodo avevo i capelli lunghi e li tenevo sciolti. Provai ad attaccare il cavo ma alle spalle del mobile c'era buio e non vedevo nulla. Dall'alto della sua saggezza mamma chiese: “Mattia, vuoi la torcia?”. Io, rifiutando il consiglio sensato, risposi burberamente: “Mavvà, ma che torcia e torcia, ti pare?” con l'atteggiamento superiore di chi sa quel che fa. Buttai la testa dietro il mobile parete ed era buio pesto. Presi l'accendino, girai la rotellina, apparì la fiammella ed era luce.

Collegai i fili tenendo sempre vivo il fuoco ed era luce. Tolsi il dito dal gas dell'accendino ed era... Ancora luce. Lì per lì pensai: “Strano! Era così buio prima.” Poi avvertì un rumore insolito, uno sfrigolio. Riflettei: “Strano! C'era silenzio prima.” E ancora sentì un leggero calore sulla fronte. Ragionai nuovamente: “Strano! Ero così fresco prima. Avrò la febbre per colpa della pitiriasi? Boh, vabbè...” Uscì da dietro il mobile, rivolgendomi verso mia madre che stava sbattendo la tovaglia sulla porta (la televisione era a pochi metri dall'ingresso): "”Mamma, non mi sento molto bene.”

Lei si girò, mi guardò e vedi la sua espressione agghiacciata. Cacciò un urlo di Hitchcockiana memoria, correndomi incontro assatanata. Paralizzato dalla reazione inattesa non reagì. Mamma mi gettò la tovaglia addosso e iniziò a prendermi a pugni la testa con la determinazione di Tyson. Scioccato urlai: “EHI, MA CHE TI É PRESO? SEI IMPAZZITA?”

Lei rispose gridando: “STAI ANDANDO A FUOCO, STAI ANDANDO A FUOCO!”

Solo allora realizzai collegando i pezzi come Bruce Willis nel Sesto senso. La luce, il calore, lo sfrigolio: mi ero bruciato i capelli. Corsi a gettarmi sotto il rubinetto spegnendo l'incendio. Mi guardai allo specchio impotente di fronte alla tragedia. Avevo un buco in mezzo al cranio.

Che sfiga, ci mancava solo questa... E adesso come faccio?”

Passi per la dermatosi ma presentarsi a un colloquio a mo' di Frate Cappuccino proprio no!

Ripeto: non sono il tipo che si abbatte facilmente. Corsi dal parrucchiere, mi rasai pregando che, per sfortuna, non mi recidesse un orecchio (cosa che avverrà la sera prima dell'inaugurazione della libreria). Il giorno seguente ho fatto il colloquio e mi hanno detto: “Le faremo sapere”.

 

 

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