9 - La conoscenza è potere

 

 

 

Passarono mesi da Fa' la cosa giusta. Avevo trovato occupazione part-time nel centro dove svolgevo volontariato. Il pensiero di avviare un'attività, però, non mi abbandonò per niente, anzi cresceva la convinzione che quella fosse la strada da seguire. Dichiarai le mie intenzioni un tardo pomeriggio di giugno in giardino. Sino a quel momento ero stato zitto in famiglia. Io, mia madre e mio padre eravamo seduti sotto il gazebo a prendere ombra dalla calura estiva. Ruppi il silenzio con sincerità disarmante: “Voglio aprire una libreria.”

Ebbero la reazione migliore che potessi attendermi, mi risposero: “Bella idea!”

Nessuno può riuscire in qualcosa se non viene sostenuto. Col senno di poi, non ci fossero stati loro, non ce l'avrei mai fatta. Grazie ai miei genitori, più di chiunque altro, ho avuto la fiducia necessaria. Dopo aver incassato l'approvazione era tempo di mettersi all'opera.

 

Tutto bello, meraviglioso, nobile, romantico fin che si vuole, però, ed è un grande però, aprire un'azienda non è mica uno scherzo. Di certo, l'ultima cosa che desideravo era gettarmi in maniera avventata nelle grinfie del fisco e della burocrazia. Quello che dovevo fare era conoscere ancora più a fondo il mondo del quale volevo far parte, valutando se il progetto stesse in piedi o meno.

Anzitutto dovevo scoprire i libri da un punto di vista commerciale. Quale margine avevano per una libreria? Come venivano distribuiti? Come, invece, erano riforniti? Quali generi “andavano” e quali no? Com'era veramente il mestiere di libraio? L'unico modo per ottenere risposte era investire tempo (soprattutto) e denaro. Pescai dai contatti ottenuti in fiera e da altri che riuscì a recuperare da solo. Fu un'operazione difficoltosa: girai in lungo e in largo il nord Italia visitando magazzini, librerie, case editrici, chiedendo e approfondendo qualunque aspetto fosse rilevante, anche il più piccolo. Mi scontrai con la realtà, che è molto diversa (e amara) di come la si immagina.

 

Case editrici

 

Sin da subito mi era chiarissimo un concetto: l'editoria è in crisi. Che poi non è questa gran novità, direte voi. La cosa particolare è che il panorama editoriale italiano non è in difficoltà da qualche tempo, ma da sempre. Gli italiani sono tutt'altro che un popolo di lettori. Però non è solo colpa dell'ignoranza galoppante, del disinteresse e di un livello culturale medio paragonabile a quello di “Er Monnezza”. Qualche colpa ce l'ha anche chi i libri li pubblica e (verosimilmente) dovrebbe interessarsi di ampliare la vendita. Preciso: non tutti. Oggi ho imparato che esiste un nutrito gruppo di editori, grandi e piccoli, che lavorano meravigliosamente assieme ai librai, in maniera sinergica all'interno della filiera, promuovendo i loro prodotti al meglio delle risorse e facilitando il lavoro di chi i libri li deve vendere. Alcuni, invece, hanno politiche estremamente chiuse e, a tutt'oggi, non ho ancora capito se per volontà o mala organizzazione. Propendo più per la seconda ipotesi e vi spiego il perché. Uno dei primi contatti che presi fu con un editore enorme, riuscendo a recuperare il numero dell'ufficio commerciale dopo un'estenuante operazione di ricerca. La telefonata andò così:

 

Musichetta.

Benvenuti. State parlando con gli uffici di ***. Rimanete in linea, vi risponderemo al più presto.”

Musichetta per cinque minuti.

Benvenuti. State parlando con gli uffici di ***. Rimanete in linea, vi risponderemo al più presto.”

Musichetta per altri cinque minuti.

Benvenuti. State parlando con gli uffici di ***. Rimanete in linea, vi risponderemo al più presto.”

Musichetta ancora.

Quando i timpani stavano iniziando a sanguinare e i testicoli a gonfiarsi: “Salve.”

Una voce maschile, improvvisa, annoiata, prese la linea.

Buongiorno. Mi chiamo Mattia Tasso e aprirò una libreria.”

Mh...”

Volevo qualche informazione...”

Neppure il tempo di proseguire che: musichetta.

Dopo circa trenta secondi, una seconda voce, stavolta femminile: “Dica” con la freddezza di un impiegato delle poste.

Buongiorno, Mattia Tasso. Vorrei aprire una libreria e...” bloccandomi.

Quindi?”

Quindi volevo capire se potevo parlare con qualche agente per valutare la possibil...”

Musichetta.

In linea una terza persona, di nuovo maschio: “Prego.”

Mattia Tasso, piacere. Chiamavo perché sto mettendo in piedi una libreria e...”

Con chi ha parlato?”

Come scusi?”

Con chi ha parlato prima?”

Con due suoi colleghi.”

E cosa le hanno detto?”

A dir la verità niente, mi hanno solo passato lei.”

Attenda.”

Musichetta per cinque minuti e il classico: “Benvenuti. State parlando con gli uffici di ***. Rimanete in linea, vi risponderemo al più presto” che oramai mandavo a memoria.

Risponde un quarto uomo, tono profondo e accento non riconducibile a qualsivoglia regione: “Chippalla?”

Mattia Tasso.”

É, checc'è?”

Volevo solo qualche informazione perché sto avviando una libreria.”

Senda, ha brovado a ghiamare Maurizzio?”

Come scusi?”

Maurizzio, l'ha ghiamado?”

E chi è Maurizio?”

Il resbonsabbille commecciale.”

Non ho il numero.”

Ha da scrivvere?”

Sì, sì, grazie.”

Allora: Dre quaddro sedde...”

Tre-quattro-sette”

Sedde...”

Tre-quattro-sette-sette...”

No, solo sedde.”

Ok, Tre-quattro-sette. Poi?”

Uno zero.”

Uno-zero.”

Ha scriddo uno zero?”

Sì, sì, certo: Tre-quattro-sette-uno-zero.”

No, ha sbagliado. Uno zero!”

Appunto.”

Un solo zero indendevo.”

Aaaah, ora ho capito! Benissimo, dopo?”

Tre, nove.”

Tre nove, oppure nove nove nove?”

Ma ghe domande sono?”

É, non lo so! Prima ci siamo confusi...”

Senda, non mi faggia berdere dembo!”

 

Dopo trequarti d'ora per ottenere il numero, contattai tale Maurizio, che mi spiegò la situazione. Mi diede pure qualche dritta. Essendo davvero gentile mi permisi di raccontargli la telefonata. Lui rispose serafico: “Siamo in Italia. Tutti si lamentano ma nessuno cambia. Funziona così.”

Già, funziona proprio così.

 

 

 

Magazzini

 

Senza annoiarvi su come i libri vengano portati ai librai, vi basti sapere che prima di giungere in libreria, solitamente vengono raccolti in magazzini da dove saranno smistati (tecnicamente si chiama distribuzione).

Uno dei passaggi che volevo scoprire era proprio la distribuzione. Prima di addentrarmi nel mondo dell'editoria, tralasciavo questo aspetto che, in verità, è fondamentale. Dai primi appuntamenti coi rappresentati ho capito immediatamente che era importantissimo affidarsi a qualcuno che fosse puntuale, fornito, presente, preciso e tutte le esigenze indispensabili perché a una libreria non manchi nulla. Ho incontrato tante persone, sia nel mio paese che spostandomi, alcune volte per visitare fisicamente i magazzini e vederli dentro.

Settimane di incontri e valutazioni, di trattative e ragionamenti, per poi stabilire come avrei messo i libri sugli scaffali. Nei magazzini la poesia della letteratura si perde, scontrandosi col mercato. Perciò i libri non vengono trattati con l'adorazione del lettore (o del libraio) ma con i termini terribili del commercio.

Si parla di “colli”, “titoli”, “resi”; si dice “Il Pulitzer” per indicare l'ultimo vincitore, “Il Moccia” per qualsiasi romanzo che racconti di adolescenti, limoni e impennate sui motorini. Il libro perde di romanticismo e diventa un prodotto. Perché quella gente lì, i magazzinieri, coi libri ci devono mangiare.

 

Librai

 

Chi più in assoluto m'interessava conoscere erano proprio i librai. Dovevo entrare a stretto contatto con loro e visitare le librerie per rendermi conto con occhio critico come poter costruire la mia azienda. Ho volutamente raggiunto librerie virtuose e che non andavo bene affatto, cercando di carpire i motivi di successo e fallimento. E così, vagando tra Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, conoscendo, lavorando e provando, ho notato un fattore comune a ogni libraio: la mestizia.

La mestizia dei librai non è tristezza. Ce n'erano alcuni felicissimi del loro lavoro. É un sentimento paragonabile a un serena rassegnazione mista ad apatia. Un'attitudine che ti fa bonariamente sorridere di fronte l'ennesima cartella di Equitalia.

I librai si dividono in due categorie superlative: gentilissimi e burberissimi (ma tutti mesti).

Quando incrociavo un libraio burberissimo, le uniche parole che mi rivolgeva erano: “Non farlo” con gli occhi iniettati di stress. Quando, invece, ne trovavo uno gentilissimo (che preferivo), condivideva la riflessione dei colleghi meno accomodanti, suggerendomi: “Non pensarci nemmeno!”

Non si trattava di paura della concorrenza: per correttezza mi infiltrai in librerie molto distanti da dove avevo intenzione di aprire. Era mestizia, appunto.

Quello del libraio è un mestiere difficile perché mescola l'aspirazione di diffondere cultura con il commercio, in un paese dove entrambe zoppicano. Capì che se il prezzo medio de libri era di 16 euro, con il margine spettante alle librerie, sarebbero serviti grossi volumi di vendita e anche che dovevo differenziarmi dalle catene, dai supermercati e dal marasma dell'on-line. Mi feci indicare libri, editori e collane degne di essere lette; imparai il metodo organizzativo e provai a scaffalare; mi feci insegnare i trucchi per disporre i libri; compresi il meccanismo degli ordini e dei resi; vidi come un libraio vero si prende cura dei lettori, consigliando, indicando e soprattutto ascoltando. Quello fu un aspetto, per certi versi, sconvolgente. Ci sono momenti e momenti per un libro. Dipende dalla propria storia, dalla giornata, dalla situazione sentimentale, dalla voglia, dall'umore, da un sacco di cose. Il libraio, in pratica, serve ad azzeccare la lettura e il sistema che ha per riuscire è dedicarsi ai clienti. Frequentare in maniera interessata le librerie mi ha dimostrato quanto, la figura del libraio, fosse fondamentale. I libri e i librai migliorano il mondo.

 

 

 

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